Nella nostra cultura si ha la tendenza a trattenere il respiro.
Peggio ancora, non ci si accorge neppure di avere problemi di respirazione. Ci si butta a capofitto nella vita esclamando spesso che “ si ha appena il tempo di respirare”.
Perchè abbiamo la tendenza a “trattenere il respiro”?
Spesso le paure, le attese, le forti emozioni ci costringono inconsciamente a trattenere il respiro riducendo la nostra vitalità.
Questo atteggiamento è simile al comportamento degli animali predatori e delle prede.
In pratica la preda per sfuggire al predatore, riduce al minimo il suo respiro e la temperatura corporea, e quindi la sua vitalità, poiché in questo modo il predatore ha minori possibilità di individuarla attraverso rumori (respiro) e calore (temperatura).
E quali sono i nostri predatori? Sono appunto le nostre paure, lo stress quotidiano. E’ importante essere consapevoli di ciò per poter migliorare la qualità della nostra vita.
Una buona respirazione è essenziale ai fini di una salute vibrante. Porta più ossigeno al corpo e aumenta la sua energia ed il suo nutrimento.
Più io inspiro, più l’aria entra da fuori a dentro il corpo andando in profondità, e quando poi espiro, butto via aria dalla profondità verso l’esterno. Quindi cosa succede? Porto dentro l’ossigeno e butto fuori dei gas tossici, cioè l’anidride carbonica che dal sangue va ai polmoni e poi dai polmoni all’esterno.
Alla luce di ciò è facile capire che se non si fanno dei respiri ampi, si ha meno ossigeno e più gas (anidride carbonica) nel sangue ed anche più tossine, più molecole tossiche di scarto che vanno poi ad accumularsi nei tessuti, causando di conseguenza infiammazione cronica.
E’ stato riscontrato come nella maggior parte dei pazienti che presentano sintomi da reflusso, il diaframma sia molto rigido e quindi fortemente contratto. Questo può ridurre sensibilmente la capacità respiratoria, ecco che abbiamo così tutta una serie di sintomi da accumulo di tossine e fiato corto.
Il muscolo diaframma fa mille cose: la funzione più conosciuta è quella di far più scambi di ossigeno ed anidride carbonica, perché più io inspiro, più l’aria entra da fuori a dentro il corpo andando in profondità, e quando poi espiro, butto via aria dalla profondità verso l’esterno. Quindi cosa succede? Io porto dentro l’ossigeno e butto fuori dei gas tossici, perché dal sangue vanno ai polmoni e poi dai polmoni all’esterno.
Alla luce di ciò è facile capire che se non si respira in modo corretto, si ha meno ossigeno e più gas (anidride carbonica) nel sangue ed anche più tossine, più molecole tossiche di scarto che vanno poi ad accumularsi nei tessuti, causando di conseguenza infiammazione cronica.
E’ stato riscontrato come nella maggior parte dei pazienti che presentano sintomi da reflusso, il diaframma sia fortemente contratto. Questo può ridurre sensibilmente la capacità respiratoria, ecco che abbiamo così tutta una serie di sintomi da accumulo di tossine e fiato corto.
Il corpo, la nostra armatura
Una cosa, spesso sottovalutata ma di estrema importanza, è il fatto che malgrado una persona possa reagire benissimo alle difficoltà della vita a livello razionale, il corpo può risentirne comunque. Non c’è poi solo lo stress emozionale, ma anche quello ambientale o alimentare. Tutto ciò che è estraneo al nostro corpo, tutto ciò che ci richiede un adattamento (il cibo per esempio così com’è sarebbe dannosissimo per il nostro intestino, lo stomaco quindi si occupa di trasformarlo in modo che l’intestino ne possa assorbire i nutrienti) è stress.
Il diaframma rispecchia e reagisce accorciandosi ad ogni nostra paura, tensione rabbia ecc. Viene definito infatti il “muscolo delle emozioni” , e se si hanno delle paure non riconosciute dentro, quindi a livello inconscio, automaticamente il diaframma rimane accorciato anche quando si dorme.
Lo stress quindi, ha effetti precisi, tangibili e riscontrabili dagli esami obiettivi e strumentali sui muscoli del torace (muscoli respiratori accessori) e soprattutto sul diaframma, i quali reagiscono accorciandosi. Si constata radioscopicamente, la risalita dell’emidiaframma sinistro sotto l’effetto sia dell’aerogastria che dell’aerocolia sinistra.
Il problema è che il muscolo, per sua natura, una volta accorciato non ritorna più spontaneamente lungo, neanche se diventiamo Budda! Infatti se il paziente è al corrente dell’origine psicosomatica dei suoi disturbi e per cercare di guarire si sottopone solo a psicoterapia, vi sarà sicuramente una diminuzione dell’ansia, ma l’angoscia fisica permarrà, proprio per la legge fisica del muscolo citata in precedenza.
Quindi, per ottenere una vera guarigione, oltre ad un eventuale lavoro psicologico, bisogna riportare i muscoli interessati nuovamente nella loro condizione fisiologica di elasticità, e l’unico modo per farlo è applicare delle tecniche fisioterapiche specifiche atte ad allungarli nuovamente per riportare così in equilibrio la meccanica dell’apparato muscolare e gastro-esofagea.
Quindi è vero che l’eliminazione di componenti quali stress e difficoltà digestive, sono alla base della guarigione, ma solo quando vi è associato anche un lavoro fisico che vada a risolvere un problema meccanico, purtroppo irrisolvibile senza un intervento manuale.
L’essere umano infatti non è fatto di componenti a sé stanti, ma è uno intero che va curato nella sua globalità.